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Informazioni generali - Farfalle mimetiche

Glaucopsyche alexis - femmina che depone le uova.
Glaucopsyche alexis - femmina che depone le uova.Apatura ilia - larva svernante.
Apatura ilia - larva svernante.Anthocharis
euphenoides - pupa.
Anthocharis euphenoides - pupa.Paranthrene tabaniformis -
(mimo) che imita l’aspetto di una vespa (modello).
Paranthrene tabaniformis - (mimo) che imita l’aspetto di una vespa (modello).
Zygaena filipendulae - colori aposematici.
Zygaena filipendulae - colori aposematici
Zerynthia polyxena -
larva in atteggiamento intimidatorio.
Zerynthia polyxena - larva in atteggiamento intimidatorio.
Saturnia pyri - adulto che mostra i grandi ocelli
Saturnia pyri - adulto che mostra i grandi ocelli

L’etologia è la branca della biologia che si occupa dello studio del comportamento, cioè della risultante delle attività fisiologiche, nervose e motorie degli individui; tali attività si manifestano con posture, movimenti, suoni, cambiamenti di colore o produzione
di secrezioni da parte dell’animale.

In questo senso il comportamento è un elemento integrante del fenotipo di ogni singola specie.

Ma qual è il fine ultimo di questo complesso puzzle comportamentale? Per dirlo con gli evoluzionisti, è il successo riproduttivo dell’individuo cioè il far sopravvivere i propri geni nelle generazioni future, attraverso la progenie.

Dato che l’individuo è parte dell’ecosistema, il suo comportamento deve adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente in cui vive: l’animale può cogliere le informazioni esterne e modulare la propria attività o attraverso un processo di apprendimento
‘personale’ o attraverso l’utilizzo del ‘sapere della specie’ contenuto nel suo DNA.

In quest’ultimo caso, insomma, le risposte alle diverse condizioni ambientali sono innate e costituiscono il cosiddetto istinto. Nei lepidotteri e negli insetti in genere, a differenza dei vertebrati superiori, il comportamento è per la grandissima parte
ordinato dall’istinto.

Tra i comportamenti più peculiari e meglio studiati degli animali vi sono le differenti strategie che essi adottano per sfuggire ai predatori, imitando nei colori l’ambiente in cui vivono o rendendosi simili nell’aspetto a un altro animale. Questo fenomeno
generale prende il nome di mimetismo.

Tra i lepidotteri sono assai comuni i casi di mimetismo:
• criptico;
• batesiano;
• mülleriano;
e di atteggiamenti terrifici.

Nel mimetismo criptico, le larve, le pupe o le farfalle adulte hanno evoluto la capacità di rendersi ‘invisibili’ ai predatori grazie a colorazioni simili a quelle dominanti nell’ambiente o a una forma del corpo che possa confondersi con strutture naturali
come pietre, steli di piante o foglie, escrementi di uccelli, e così via.

Esistono poi dei lepidotteri che, pur non possedendone le strutture di offesa, imitano la livrea, l’aspetto e i comportamenti di altri insetti pericolosi o semplicemente disgustosi (definiti ‘modelli’). Tali farfalle sono dei veri e propri ‘mimi’ che sfruttano le difese chimiche altrui per sfuggire alla predazione. Questo tipo di mimetismoè detto batesiano, a ricordo di Henry Bates che, nel 1862, per primo studiò il mimetismo negli insetti.

È il caso, ad esempio, degli innocui lepidotteri sesidi (mimo) che imitano tanto nei colori che nelle forme generali del corpo api, vespe, calabroni (modello), cioè insetti con difese antipredatorie molto potenti (aculei con ghiandole velenifere).

È chiaro che in un determinato ambiente il numero dei modelli inappetibili o pericolosi deve sopravanzare il numero dei mimi appetibili o innocui; in altre parole, il predatore che per la prima volta assaggia un individuo di una catena mimetica batesiana
deve avere un’elevata probabilità di catturare un modello disgustoso e memorizzarne la livrea: in caso contrario, continuerebbe a predare i mimi così abbondanti (situazione che non porterebbe loro alcun vantaggio), fino a che non si imbattesse, chissà quando, in un modello.

Appare evidente il vantaggio, per le diverse specie velenose, di essere ben vistose e di possedere simili disegni e colori: è capitato così che nel corso dell’evoluzione siano stati selezionati alcuni ‘modelli’ principali a cui le specie difese chimicamente si sono rifatte. Questo fenomeno prende il nome di mimetismo mülleriano, in onore dello zoologo Fritz Müller che per primo, nel 1878, ne formulò la spiegazione. Egli raccolse e studiò le farfalle in Brasile, e ragionò sul fatto che in teoria i predatori dovessero imparare a riconoscere separatamente ognuna delle centinaia di specie protette chimicamente che volavano nelle lussureggianti foreste brasiliane. Se, invece, diverse specie inappetibili si fossero somigliate morfologicamente in modo da apparire indistinguibili ai predatori, allora sarebbe stato sufficiente che essi avessero assaggiato una sola specie per evitarle tutte. E questo è quello che realmente avviene in natura.

In pratica, più specie inappetibili si somigliano, dando luogo a cosiddette ‘associazioni di avvertimento’. Più elevato è il numero di specie che condividono lo stesso segnale di avvertimento, tanto più limitate saranno le perdite (cioè gli esemplari predati) per ognuna di esse.

Di solito le specie non commestibili presentano livree dai colori accesi e vistosi, detti aposematici o di avvertimento. Un esempio può essere fornito dalle zigene (genere Zygaena) che sono in grado di liberare acido cianidrico, istamina e acetilcolina in
quantità, risultando disgustose agli uccelli.

Il pericolo per il predatore viene segnalato attraverso la sgargiante colorazione rossa e nera delle ali. E sempre per proteggersi dagli uccelli insettivori, a volte vengono imitati animali pericolosi: così alcuni bruchi presentano forma e colorazioni tali da ricordare dei piccoli serpenti e, se disturbati, ne imitano addirittura le posture d’attacco e l’atteggiamento terrifico.

Oppure, sono moltissime le specie di farfalle sia diurne (ad esempio i satiridi) sia notturne con ali ornate di grossi ocelli colorati. Gli ocelli vengono mostrati all’improvviso in caso di pericolo, aprendo e ruotando le ali in maniera appropriata: si pensa che tali disegni imitino i grandi occhi degli uccelli rapaci – formidabili predatori– riuscendo in tal modo a spaventare e mettere in fuga l’aggressore.